Relax Motel, parte 1

abandoned-motelWalter mi ha spiegato come funziona. “Qui prostitutas não são na ruas, solo motel”. Ha fatto anche lui qualche anno in Italia, ma si è già dimenticato la lingua. Devo avere veramente la faccia del puttaniere se dopo neanche mezz’ora di macchina l’argomento diventa quello. “Non c’è niente di male” mi continuo a ripetere. Dovrei ripetermi che non sono qui per quello, ma il tarlo nella mia testa lavora già da qualche giorno.

A dire il vero di battone ne ho viste anche per strada quando sono tornato da San Paolo. Pure delle minorenni. Ma dev’essere pericoloso, specie per uno che ancora non parla bene la lingua e gira con un sacco di contanti.

Alla fine a tarda sera mi decido, ed è colpa della Vocina. “Non puoi tornare in Italia senza esserti tolto qualche sfizio, ragazzo. Che figura ci fai? Sei in Brasile, dopotutto”. Sono reduce da un intervento che mi è quasi costato la vita, il chirurgo mi ha proibito tassativamente qualsiasi attività sessuale, non posso nemmeno masturbarmi. Per almeno 6 mesi. Vallo a spiegare alla gente e alla Vocina.

Sono da solo in albergo, mi spoglio e mi guardo nello specchio a parete. Mi tolgo anche la guaina. La devo tenere sempre, l’ho tenuta anche in aereo. In aeroporto avevo paura di essere scambiato per un narcotrafficante che si nasconde i panetti di cocaina sotto le ascelle, ma alla fine è andato tutto bene. La Policìa Federal qui non fa sconti. Al momento del controllo immigrazione mi immaginavo già i titoli: “Italiano in vacanza finisce per errore in un carcere brasiliano: ucciso a colpi di cazzo dai trans compagni di cella”. “La Farnesina: ci uniamo al dolore della famiglia, ma son cose che succedono”. Le cicatrici sono rosse come il fuoco, e leggermente in rilievo. Larghe quasi un centimetro. Sembro uscito da un episodio di Ken. Ma non mi fanno male, il chirurgo prima di partire ha detto che è tutto normale.

Jagi“Ci vorranno mesi prima che le cicatrici acquisiscano un colore più chiaro, ma i segni rimarranno. Potrà valutare un intervento di correzione estetica, ma non prima di un anno. Intanto sia contento, le è andata molto bene”. Devo spalmarci sopra un gel freddo e maleodorante ogni 6 ore, sennò la pelle inizia a tirare. Che delizia. Sono fuggito dall’altra parte del mondo per venire meno alle attenzioni morbose della mia famiglia, mi sentivo un invalido. Per le prime due settimane ho avuto pure una badante a casa, non riuscivo neanche ad andare al cesso da solo. Il mio primo assaggio di vecchiaia, e non mi è piaciuto.

Rischierò. E poi cosa vuoi che succeda? Sono pure assicurato. Sto sotto, non faccio sforzi. “Glielo prometto, signor dottor Chirurgo”.

Lungo la strada che va a Campinas ce ne sono parecchi, di motel. Mi sono segnato gli indirizzi mentre passavo, col GPS del telefono. Hanno tutti nomi invitanti: Angels Motel, Paradise City, Hellfire… “Fenomeno, ricordati che hai bisogno di qualcosa di tranquillo”. Questo si chiamava Relax Motel, quindi andrà benissimo. O no? Non posso telefonare al chirurgo per chiederglielo, in Italia sono le 4 di mattina.

Mi ci vuole una doccia.

Vado in bagno. Accendo la luce e vengo assalito dal consueto senso di perdita, quello che mi prende ogni volta che mi accorgo che non c’è il bidet. Barbari maledetti, mi costringete a lavarmi il culo spruzzandomi acqua ghiacciata sull’ano con un minuscolo doccino del cazzo attaccato al water. Maledetti, voi e tutte le vostre famiglie.

Mi rivesto dopo essermi lavato e chiamo il numero del radiotaxi. Risponde una donna. “Me desculpa, porque eu não falo muito bem Portugues”. Risatina dall’altra parte. Almeno qui sono comprensivi e curiosi verso chi viene da fuori, non è come in Italia. Mi faccio capire, e la mulher mi aiuta con qualche parola di italiano. Dove sono e dove devo andare? Indico la destinazione in maniera generica: “preciso de ir a Campinas, tà bom?”.

Scendo alla reception e lascio la chiave della stanza sulla scrivania. Non suono il campanello. La ragazza che fa il turno di sera non è mai alla sua postazione, va sempre a trombare col ragazzo della lavanderia nel retrobottega. La cosa non mi urta, finché non fanno casino. Ci ha provato anche con me quando sono arrivato, ma è obesa e piena di brufoli. Ha una strana ombreggiatura sull’occhio destro. Forse è cataratta, vallo a sapere. Il baretto casinaro di fronte ha già chiuso. Qui non è molto sicuro girare da soli la sera. Ho trovato un 3 stelle a prezzo modico, la zona non è il massimo anche se non è malfamata. Ma dopo le 20 nessuno si ferma più ai semafori anche quando trova rosso, perché è troppo grande la paura di essere rapinati.

Sto nascosto nell’androne in attesa che arrivi il taxi. Fa freschino: qui è ufficialmente inverno e io sono in maglietta, pantaloni al ginocchio e infradito. In Italia passerebbe per una fresca serata estiva. La mulher al telefono ha parlato di 10 minuti, ma forse non ho capito bene. Ne passano 20 prima che arrivi la macchina. Un modello di Ford ad etanolo che non ho mai visto. Ma è pulita e ben tenuta, mi ispira. Salgo e saluto il mio motorista. E’ un mulatto sui 25 anni, e dice di chiamarsi Christian. E’ il ritratto di Lou Bega, i suoi baffetti sembrano fatti col calibro.

MV5BMTUyNTA0NzM0Ml5BMl5BanBnXkFtZTYwMDEyMzMz._V1_SY317_CR1,0,214,317_AL_Partiamo, guida bene ed è cortese. Gli faccio capire che non andiamo a Campinas, ma che mi devo fermare in un motel per la strada… “Aaaah… Aqui as mulheres são muito bonitas, né?”. E che cazzo, è un uomo anche lui. Meno male che ha capito senza troppi giri di parole.

Lungo il tragitto sto in silenzio. Non voglio farmi inculare quindi tiro fuori il cellulare e accendo il GPS, e mi premuro che Lou Bega lo noti. Dopodiché infilo gli auricolari, e ascolto un po’ di De Andrè.

“…più che del corpo le ferite,

da Carlo son sentite

le bramosìe d’amor…”

carlo martello2

Si arriva a destinazione in men che non si dica. Nel piazzale del motel è tutto buio, non c’è nemmeno un lampione e mi sale un poco l’ansia.

“Eu vou esperando por você?” mi chiede lui. “Não, não… Obrigado Christian, ma ci metterò un po’”. Lo pago e gli faccio tenere il resto, lui mi allunga un biglietto da visita con sopra scarabocchiato il suo numero personale. Mi sono fatto un nuovo amico verdeoro. “Boa noite, amigo. Até mais!”. “Grazie anche a te”.

Cammino da solo nel buio, vado verso l’insegna. E’ rosa e luminosa. Non vedo veramente nulla, non mi sono neanche messo le lenti. Man mano che avanzo le cose si fanno un pelo più chiare. C’è un gabbiotto che fa da reception, e mi accorgo di aver fatto il mio primo errore. Qui si caricano le ragazze fuori, e si entra direttamente in macchina. A qualche decina di metri dal gabbiotto c’è un baretto oscuro che dà direttamente sulla strada, impossibile vederlo passando in macchina perché praticamente non è illuminato. Davanti al bar ci sono tre ragazze, sento che ridacchiano. Una sta fumando. Provo un poco di disagio, se non altro non c’è anima viva. Se mi fossi trovato una fila in stile McDrive penso che avrei rinunciato. Deglutisco, e vado avanti.

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